Museo delle Culture del Mondo- Castello d'Albertis

Codice civico

Castello, parco e museo etnografico

Immagine:DSCN6055.JPG

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Denominazione

Castello d'Albertis -Museo delle Culture del Mondo

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Denominazione originale

Castello di Montegalletto

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Ubicazione

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Circoscrizione:

Zona Castelletto

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Indirizzo:

Corso Dogali 18, Genova

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Telefono:

+39 010 2723820

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Fax:

010 2721456

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indirizzo Web:

www.castellodalbertisgenova.it

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email:

castellodalbertis@comune.genova.it

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Notizie storiche

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Data (inaugurazione):

1892

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Utilizzazioni

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Attività (uso attuale):

Attualmente sede del Museo delle Culture del Mondo di Genova – e in collaborazione con Echo Art, il Museo delle Musiche dei Popoli. Dal 2008 include una sezione permanente dedicata all’Etnomedicina, in collaborazione con il dipartimento di Antropologia dell’Università degli studi di Genova.

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Uso storico:

Dimora del capitano d'Albertis

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Annotazioni/Descrizione

Il Castello D'Albertis domina la città di Genova affacciandosi sul porto dalla collina di Montegalletto. Ideato dal Capitano Enrico Alberto D'Albertis con il gusto del collage architettonico e del revival neogotico, è stato eretto su resti di fortificazioni cinquecentesche e tardomedievali, destinate a scomparire sotto la minaccia dell’espansione urbanistica dell’epoca, tra il 1886 e il 1892 con la supervisione di Alfredo D'Andrade. Il tutto è stato pensato nella cornice romantica di un parco abbellito da giochi d’acqua e grotte artificiali , ponti levatoi , garitte, laghetti e mura merlate. Alla sua morte (1932) il capitano dona il castello e le sue collezioni alla città di Genova, restituendole non solo la dimora da lui stesso fantasiosamente arricchita di rimandi esotici, neogotici ed ispano-moreschi, ma anche un pezzo della storia di Genova: un bastione della cinta muraria cinquecentesca contenente i resti basamentali di una torre della precedente cinta medievale, su cui poggia la costruzione del castello stesso.


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DESCRIZIONE

Una porta intarsiata che reca un cartiglio medievale si apre lungo uno scalone al primo piano: quattro sale di medie dimensioni si succedono l’una interna all’altra e offrono la splendida vista sul porto, sulla lanterna e, a monte, sulla oramai popolata collina che fa da sfondo al castello.

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Danneggiati da un tizzone ardente durante la seconda guerra mondiale, questi muri, che per le loro proporzioni rimandano ad un’appartamento borghese di fine 800, sono stati ri-eretti negli anni cinquanta del secolo scorso senza alcuna ripresa del dècor ottocentesco. Questa oggi è la parte del castello dove vengono allestite mostre temporanee.

1991-2004: queste date indicano l’anno di inizio del restauro di Castello D’Albertis e della sua riapertura. Su progetto dell'Ing. Luciano Grossi Bianchi e dell'Arch. Roberto Melai, il castello è stato oggetto di un accurato intervento di restauro edilizio per l'adeguamento della struttura alle esigenze di una fruizione pubblica moderna: in corrispondenza dell'apice geometrico del bastione è stata sostituita la copertura del tetto con una struttura in vetro ed è stato svuotato il bastione cinquecentesco dal riempimento di terra, liberando le strutture murarie al suo interno e recuperando in questo modo non solo un nuovo spazio espositivo, ma anche le diverse componenti architettoniche dell'intero complesso. Questo permette inoltre di afferrare in un solo colpo d'occhio i resti trecenteschi, la sobria spazialità dell’architettura rinascimentale e, in alto, contro il cielo, gli anacronistici merli e la torre di invenzione ottocentesca. Il percorso nella dimora attraverso lo scalone marmoreo, decorato con trofei di armi africane, orientali ed europee, conduce al piano nobile del castello, alla sala colombiana, la sala delle meridiane, la sala turca e la cabina. Ci permette di compiere un viaggio attraverso ciò di cui siamo fatti: il fascino per l’esotico, il positivismo della città di Genova, l’ansia della conquista coloniale e l’etnocentrismo che da sempre permea l’Occidente.

Grazie alle fotografie storiche, è stato possibile ricollocare gli arredi originali per cercare di ricreare l’antica atmosfera della dimora ottocentesca attraversata da influssi moreschi e neogotici, oltre che riconsegnare gli spazi alle destinazioni di un tempo, ad eccezione dell’appartamento privato del Capitano, ora adibito a area esposizioni temporanee.

Immagine:DSCN5938.JPG

Privo di documentazione fotografica, questo spazio dalla dimensione più intima, non era parte delle zone di rappresentanza e non è stato possibile ricostruirlo in quanto tale, offrendoci però l’opportunità di nuove esplorazioni.

Il Museo

Il nuovo percorso museale attraversa l'abitazione del capitano per approdare ai veri soggetti della rappresentazione museale, le popolazioni indigene di Africa, America e Oceania. Il percorso si snoda lungo due itinerari strettamente collegati tra loro a partire dalla figura del Capitano D'Albertis, che appare non solo come l'ideatore della dimora neogotica che ripropone Genova in miniatura tra influenze esotiche e spunti marinareschi, ma funge anche da filo conduttore di un viaggio che, attraverso la sala colombiana, la sala gotica, la sala turca, la cabina e la sala nautica, conduce ai popoli visitati in tutto il mondo da questo viandante che raggiunge il porto di Genova attraverso i passaggi segreti che si dipartono dal suo castello. Insieme alle collezioni etnografiche e archeologiche dal Capitano D'Albertis raccolte nei suoi viaggi in Africa, America e Oceania, la sua dimora ospita collezioni marinaresche (modellini di imbarcazioni, strumenti e carte nautiche) e fotografiche, gli spolveri delle meridiane, i volumi della sua biblioteca e le centinaia di disegni per la costruzione del complesso neogotico, quali innumerevoli ricordi di una vita vissuta all’insegna della memoria. Raccoglie infinite testimonianze e souvenir delle popolazioni che incontra, formando così le collezioni del suo museo, allestito in stile di gabinetto di curiosità, tra bacheche, panoplie e trofei coloniali e di caccia. Spiccano per quantità e varietà le armi africane sudanesi e dello Zambesi, le lance cinesi e le alabarde europee che via via decorano lo scalone dal piano terra al secondo piano, quasi in un percorso evoluzionistico, secondo i criteri dell'epoca. L’arredo neogotico, ricco di influssi esotici, particolarmente ispano-moreschi ed orientali, culmina nella sala turca dove centinaia tra suppellettili, monili, armi, vasi, divani e lampade occhieggiano sotto il pesante tendaggio del soffitto che simula una tenda tra narghilè e uova di struzzo. Alle collezioni oceaniane raccolte dal capitano si aggiungono quelle del cugino Luigi Maria, primo esploratore del fiume Fly in Nuova Guinea (1872-1878). Fa oggi parte delle collezioni del museo anche il materiale etnografico e archeologico proveniente dall'estremo settentrionale del Canada fino a quello meridionale della Terra del Fuoco che le Missioni Cattoliche Americane hanno esposto a Genova in occasione delle celebrazioni colombiane del 1892 ed hanno donato alla città. Fra queste spiccano per quantità ed importanza i manufatti degli Indiani delle Pianure di Canada e Stati Uniti, realizzati in pelle di bisonte e cervide e ricoperti di aculei di porcospino e perline di vetro grazie al paziente lavoro femminile, poichè erano le donne a dedicarsi alla conciatura delle pelli e alla loro decorazione. Si tratta di mocassini, indumenti, giocattoli, sonagli per la danza, una culla a sospensione, borse per il trasporto e una serie di oggetti legati alla sfera della guerra, della caccia e del fumo della pipa. Il materiale raccolto dai missionari salesiani in Patagonia e Terra del Fuoco fornisce una notevole possibilità di avvicinamento alle culture ormai estinte all’impatto con l'Occidente degli indigeni dell’estrema punta meridionale dell’America del Sud. Tra il materiale archeologico, vale la pena ricordare i frammenti maya in tufo vulcanico provenienti dall’acropoli di Copán in Honduras, le cui copie sono state recentemente eseguite in collaborazione con il Peabody Museum of Archaeology and Ethnology di Harvard (Cambridge, Massachussets) e collocate sul sito e nel museo ivi costruito. Ornamenti messicani aztechi e di Teotihuacan, insieme a reperti fittili mayodi dall'Honduras, documentano le tecniche precolombiane mesoamericane di lavorazione della pietra, della conchiglia, della terracotta e dell'ossidiana. Una grande quantità di reperti archeologici precolombiani fittili e tessili e collezioni etnografiche africane sono state successivamente acquisite dal Comune ed integrate al fondo del capitano poco dopo la sua morte. Nel corso di questi ultimi anni il museo si è arricchito ulteriormente grazie alla donazione di materiale etnografico sudamericano e degli indigeni dell’Arizona. Nell'estate del 2003 è stata donata una ricchissima collezione di reperti precolombiani dell'Ecuador, che risalgono dalla cultura Valdivia.

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Note

Orari di apertura: Mar - Ven: 10.00 - 17.00 Sab - Dom: 10.00 - 18.00


Bibliografia

A. d’Albertis, Marinaio gentiluomo, la vita avventurosa di Enrico d’Albertis, un moderno viaggiatore d’altri tempi, Il Golfo, Genova 2005.

M.C. De Palma, Castello D’Albertis, museo delle culture del mondo, Silvana Editore, 2008.

M.C. De Palma, il museo etnografico Castello d’Albertis tra i Wayuù del Venezuela, ovvero i musei della comunità, in “Bollettino dei Musei Civici Genovesi”, XVIII, 52-53-54,996, pp. 185-192.

M.C. De Palma, Un castello neogotico tra camere delle meraviglie e trofei coloniali, in G.Kannes (a cura di), case museo ed allestimenti d’epoca: interventi di recupero museografico a confronto, atti del convegno di studi (Saluzzo, 13-14 settembre 1996).

M.C. De Palma, Uno sguardo sul capitano d’Albertis, in Permanenze e metamorfosi dell’itinerario coloniale in Italia, Ed. scientifiche italiane, Napoli 2000, pp.42-62.

L.A. Fornaroli, Ardita gente ligure:Enrico Alberto d’Albertis, Bozzo e Coccarello, Genova 1935.

F.M. Parodi, Montegalletto e il castello del capitano Enrico Alberto d’Albertis in Genova, in “ l’Italia artistica e industriale” I, 11-12, 1893-1894, pp. 189-190.

E.Papone, D’Albertis fotografo, in Uno sguardo sull’Egitto. Le fotografie di Enrico Alberto D’Albertis, Sagep, Genova 1999, pp.21-32.

G. Pessagno, Le memorie del Corsaro, in Gazzetta di Genova, 31 gennaio 1921, pp. 1-5.

Ultimo aggiornamento 26 Ottobre 2022